Klaus Qemal

Lo stretching serve? Ecco la verità scientifica

Sintomi

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Stretching: alcuni lo praticano prima dell’attività sportiva, altri lo eseguono dopo o in giorni specifici, e poi c’è chi non lo fa affatto. 

Sto parlando dello stretching!

È probabilmente una delle prime cose che viene insegnata nelle ore di educazione fisica o quando si inizia un nuovo sport. Ma serve davvero fare stretching?

Di solito, ci sono sempre due scuole di pensiero: da un lato c’è chi lo reputa fondamentale per il proprio benessere; dall’altro c’è chi ritiene sia una perdita di tempo.

Chi ha ragione?

In questo articolo voglio rispondere alle principali domande sullo stretching. Riassumendo le verità scientifiche, ti mostrerò quali sono i reali effetti dello stretching e come farlo in maniera efficace

In più, abbiamo creato il video-corso Stretching Scientifico- Manuale anti-rigidità proprio per tutte le persone che soffrono di dolori muscolari causati dalla sedentarietà. All’interno troverai una serie di esercizi di stretching, rinforzo e respirazione che ti aiuteranno a migliorare la tua flessibilità e ridurre le tensioni muscolari.

Adesso andiamo per gradi. 

dolore alla mandibola

Cos’è lo stretching?

Gli esercizi di stretching sono movimenti che spesso vengono inseriti nel riscaldamento prima di un allenamento (warm-up) oppure nella fase di defaticamento post-attività (cool-down).

In questi esercizi viene richiesto di portare i muscoli in allungamento rispetto ad una posizione iniziale per ricercare un aumento della flessibilità muscolare e per migliorare la mobilità.

Solitamente gli esercizi di stretching sono sempre accompagnati da una sensazione di “tensione” (come un elastico che tira) a livello della muscolatura interessata. Questo avviene perché l’allungamento coinvolge anche i nervi che si trovano in quel distretto.

Lo stretching è stato sempre considerato un elemento fondamentale per migliorare la flessibilità e ridurre il rischio di infortuni. 

Ma è davvero così?

Prima di andare a scoprire gli effetti dello stretching, è bene fare una precisazione: non esiste solo un unico modo di fare stretching.

Te ne parlo ora nel dettaglio.

Le diverse tipologie di stretching: stretching statico, dinamico e PNF

Prima di un allenamento o di una gara ti sarà capitato di allungarti piegandoti con la schiena per toccare le punte dei piedi, per poi mantenere per circa 30 secondi quella posizione. Questo è lo stretching statico

Lo stretching statico è il metodo più conosciuto tra gli esercizi di allungamento. Consiste nel raggiungere una posizione di massimo allungamento (possibile) per un determinato muscolo e di mantenerla passivamente per 30-60 secondi.

Nei protocolli viene spesso consigliato di ripetere l’allungamento per 3-4 serie ricercando una riduzione della tensione muscolare e un aumento della mobilità. 

Lo stretching dinamico, invece, richiede l’esecuzione di movimenti attivi in allungamento e accorciamento muscolare, con l’obiettivo di raggiungere la massima ampiezza del movimento. 

In questo allungamento, dunque, non viene mantenuta una posizione statica ma vengono eseguite delle ripetizioni controllate in tutto l’arco di movimento possibile.

Infine, esiste una terza tipologia di stretching: il PNF (“facilitazione neuro-muscolare propriocettiva”), conosciuto anche come hold-relax

È una tecnica di stretching divisa in 3 fasi: 

  1. prima viene portato il muscolo in allungamento
  2. successivamente si richiede di mantenere (hold) una contrazione isometrica di quel muscolo per circa 10 secondi;
  3. infine, si rilassa (relax) nuovamente il muscolo ricercando un maggiore allungamento.

Secondo alcuni studi, lo stretching PNF è più efficace nel migliorare la mobilità in quanto permette di ottenere una maggiore “inibizione” del muscolo che si sta allungando. 

Questi sono i 3 tipi di allungamento maggiormente conosciuti e studiati. Se vuoi approfondire le strategie di stretching e sapere come migliorare la tua mobilità e flessibilità muscolare, prova subito il video corso “Manuale anti-rigidità”.

Adesso addentriamoci nell’evidenza scientifica.

Lo stretching riduce il rischio di infortuni?

Questo è probabilmente uno dei più grandi miti nel mondo dello sport e del fitness. Diversi studi in letteratura scientifica hanno dimostrato come lo stretching non abbia un impatto rilevante nel ridurre il rischio di infortuni

Anzi alcune ricerche hanno evidenziato come lo stretching statico possa anche peggiorare la performance quando eseguito prima di un’attività, soprattutto in caso di sport con gesti rapidi ed esplosivi.

Infatti, ciò che svolge un ruolo maggiormente preventivo è l’allenamento della forza muscolare, in tutte le sue variabili. 

Inoltre, bisogna considerare anche la diversità degli sport. In alcune attività, oltre alla forza, è richiesto anche di essere agili e potenti. Quindi è fondamentale inserire lavori che coinvolgono la coordinazione e la velocità di esecuzione dei movimenti.

Quindi solo lo stretching non è in grado di ridurre il rischio di un infortunio. Però può esserti d’aiuto, se inserito correttamente nella routine di allenamento, per riuscire a muovere liberamente le articolazioni senza rigidità e dolori

Inoltre, gli esercizi di stretching potrebbero essere un tuo alleato anche per ridurre la percezione di fatica post-attività e per prepararti fisicamente e mentalmente prima di una gara.

Scopriamo come.

Come e quando fare stretching?

In quest’ultima parte vorrei lasciarti le verità scientifiche e i consigli utili che puoi subito per mettere in pratica per utilizzare al meglio lo stretching.

Gli studi scientifici raccomandano di svolgere esercizi di stretching dinamico nella fase di riscaldamento prima di un’attività. È importante scegliere gli esercizi di allungamento in relazione allo sport da eseguire, in modo da “preparare” i muscoli (e non solo) ai movimenti che dovranno svolgere. 

Ad esempio, se devi affrontare una sessione di corsa ad alta velocità, è importante allungare in maniera dinamica la muscolatura posteriore della coscia ma anche eseguire degli affondi e degli skip alti.

Lo stretching statico, invece, potrebbe essere una valida opzione se inserita dopo l’allenamento o nei giorni di riposo, con l’obiettivo di migliorare la mobilità e ridurre la percezione di fatica. 

Quindi il giorno dopo un allenamento in palestra, se senti “fastidi” nella zona lombare, potresti svolgere alcuni esercizi di allungamento della schiena, sia flessione che estensione.

Anche il PNF è preferibile eseguirlo nei giorni di recupero dall’allenamento. Con questo tipo di stretching potresti focalizzarti nei punti di maggiore tensione muscolare e aumentare la mobilità ai massimi gradi.

Secondo la letteratura scientifica, gli esercizi di stretching dovrebbero essere inseriti in una routine settimanale in modo da poter ottenere realmente degli effetti a lungo termine. 

All’interno di Stretching scientifico-Manuale anti-rigidità avrai 12 settimane di esercizi utili per migliorare il tuo benessere. Prova adesso la versione dimostrativa gratuita per iniziare subito a vincere la rigidità muscolare.

In più, qui ti lascio un nostro video in cui approfondiamo nel dettaglio miti e verità scientifiche sullo stretching.

Bibliografia

  • Behm, D. G., & Chaouachi, A. (2011). A review of the acute effects of static and dynamic stretching on performance. European journal of applied physiology111, 2633-2651.
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  • Alexander, J. L., Barton, C. J., & Willy, R. W. (2020). Infographic running myth: static stretching reduces injury risk in runners. British Journal of Sports Medicine54(17), 1058-1059.
  • Sharman, M. J., Cresswell, A. G., & Riek, S. (2006). Proprioceptive neuromuscular facilitation stretching: mechanisms and clinical implications. Sports medicine36, 929-939.
  • Lempke, L., Wilkinson, R., Murray, C., & Stanek, J. (2018). The effectiveness of PNF versus static stretching on increasing hip-flexion range of motion. Journal of sport rehabilitation27(3), 289-294.
  • O’Sullivan, K., Murray, E., & Sainsbury, D. (2009). The effect of warm-up, static stretching and dynamic stretching on hamstring flexibility in previously injured subjects. BMC musculoskeletal disorders10(1), 1-9.

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